La Stampa – Gazzetta Piemontese del 29 Ottobre 1896 Il ramo magico (Corte d'Appello di Torino) Il cav. Vincenzo Bonis, nella scorsa primavera, quando ancora era sindaco a Leynì, querelava il suo assessore Francesco Ruffino pel reato di oltraggio e minaccie. Ed ecco in quali circostanze. Il cav. Bonis nel maggio scorso aveva dato ordine ad un manuale, certo Luetto, di recidere i rami di un albero, i quali si protendevano su di una strada attraversante la proprietà del Ruffino: ciò in obbedienza ad un decreto prefettizio, che prescriveva tale recisione di rami. Ormai neppure il rezzo dei fronzuti alberi viene rispettato dalle Autorità e dalle leggi. Il Luetto già si accingeva alla delicata amputazione quando intervenne la figlia del Ruffino, la quale rivolse al Luetto il seguente misterioso avvertimento: “Bada, quei rami bruciano, rischi di andare in prigione a toccarli”. Il Luetto, impressionato da queste parole di colore oscuro, rinunciò ad eseguire il mandato amministrativo assunto, e se ne tornò a casa. Colà venne intervistato dal sindaco Bonis, il quale era ansioso di conoscere il risultato della spedizione. Saputone l'esito negativo, il cav. Bonis indusse il buon Luetto a ritornare sul luogo, e ve la accompagnò anzi egli stesso per assicurarsi del compimento della circoncisione e darle maggior autorità. Ma questa volta, sotto la minacciata ombrìa, trovarono il Ruffino stesso, il quale impose alla sua volta il quos ego (dall’Eneide di Virgilio: “io vi dovrei”), rivolgendo al Luetto questo ammonimento: “Bada a quello che fai”, al che il povero Luetto, preso fra sindaco ed assessore: ”É il sindaco che mi ha ordinato”. Ed il Ruffino: “Io non guardo al sindaco, guardo a te, e se togli quei rami ti farò morire in galera”. Davanti a questa ineffabile prospettiva, a questo splendido avvenire, il Luetto si senti mancare le forze per tagliare il ramo fatato e col sindaco ripiegò verso casa sua. Ma il cav. Bonis diede querela per oltraggio e minacce. Il Tribunale ravvisò in questo fatto più che altro il risultato di una lotta di partiti ed il poco buon sangue che correva fra sindaco ed assessore ed assolse il Ruffino. Appellò il Pubblico Ministero ed il processo diede luogo in Corte d'Appello a piccante discussione, specialmente sulle vicende del sindacato in Leynì poiché, frattanto, il Consiglio comunale aveva eletto a sindaco il Francesco Ruffino. La Corte mandò ad eseguire la sentenza del Tribunale e cosi il Ruffino potrà continuare a goder della deliziosa ombrìa sub tegmine fagi (dalle Bucoliche di Virgilio: “sotto la chioma di un ampio faggio”). Presidente: Teia; P.M. Pulciano; Difensore: avvocato Lettel.
Tag: Ruffino
Leinì in prima pagina!
di Toni Balbo
La Gazzetta Piemontese, quotidiano torinese che nel 1894 diventerà La Stampa, iniziò le pubblicazioni nel 1867 e già nel 1869 Leinì era in prima pagina! E lo fu per ben quattro volte nel giro di appena un mese!
Cos’era successo di così importante per avere tanta attenzione?
Una diatriba fra il sindaco ed il consiglio comunale.