di Samuele Mamola
Quando si parla della storia di Leinì, ci si ricorda sempre del libro dell’ex parroco don Olivero che, con intento nobile, ha fatto un tentativo di redazione della storia del nostro paese. La storia di Leinì tuttavia è molto più complessa e affascinante. In questo articolo si indaga, con l’ausilio del metodo storico – scientifico, la parte di storia di Leinì dalle primissime attestazioni scritte. Ci si propone, in questo articolo, di partire da due toponimi del X e XI secolo, i più antichi a noi giunti, attraverso i quali si scenderà più dettagliatamente nel discorso prettamente storico inerente Leinì e, in particolare, quello inerente la sua antica Pieve e l’importante e fondamentale attestazione documentaria del 1047, oltre alla collocazione politica dal X secolo.
Nello studio si parte quindi dalla più antica attestazione che conosciamo e che identificherebbe Leinì: Leudenigo. Questo toponimo, risalente al 904, lo si ritrova all’interno di un documento notarile di permuta stipulato a Ciriè tra l’abate del monastero di Brione e l’arcidiacono di Torino Teudone. Qui il toponimo compare come identificativo di provenienza di uno dei Testes (i testimoni di questi atti), tale Bertefredo de Leudenigo, quindi un uomo che probabilmente veniva dal luogo di Leinì. Il condizionale è d’obbligo quando si parla di documentazione di più di mille anni fa; vi è infatti una percentuale di probabilità molto alta che si tratti effettivamente di un toponimo riconducibile a Leinì ma, tuttavia, è opportuno ricordare che non c’è attualmente ancora totale certezza su tale corrispondenza.
Attestazioni successive comprese tra il 904 e il 1047, al momento non ve ne sono. È importante però fare chiarezza su un toponimo che alcuni autori dicono di aver trovato in documenti del 951, 999 e 1014. Il toponimo Vualda Lainiaci che molte volte abbiamo sentito nominare o letto, da un’accurata lettura dei documenti citati da precedenti autori, risulta non essere riscontrabile, pertanto mai esistito e ciò lo si dimostra in modo accurato nello studio allegato. Nelle carte, spesso citate da vari autori, non si riscontra mai il toponimo Vualda Lainiaci ma solamente un generico Vualda nel 999. Mentre il documento del 1014 riporta il toponimo Vualda Vulpiani: in questo caso corrisponde a una effettiva specificazione di una zona della Vauda situata nel luogo di Volpiano, ma non meglio circoscrivibile.
Proseguendo quindi in linea cronologica, troviamo, nel 1047, in un diploma imperiale di Enrico III con cui conferma dei beni al Capitolo Cattedrale di Torino, la seconda e in assoluto più importante attestazione di un toponimo riferibile a Leinì: Ledenico. Ma quanto risulta dalla lettura del diploma, e in particolare dalla sezione che cita questo toponimo, sono ben altre notizie con altre implicazioni; si riscontra infatti la frase «[…] Plebem in Ledenico cum mansis quinque et medietate decime eiusdem ville […]». Dalla frase si colgono una serie di elementi di enorme interesse: in primo luogo leggiamo che a Leinì vi era in quest’epoca una Pieve, ente ecclesiastico di fondazione vescovile ma che, come deducibile dal contesto del documento, era un bene del Capitolo Cattedrale torinese, un organo che nasce all’interno delle sedi vescovili durante l’XI secolo, in un’ottica di rafforzamento del controllo dell’azione locale dei vescovi, e composto dai canonici dell’alto prelato. La pieve si legge essere sita in Ledenico, toponimo appunto identificante il luogo di Leinì, e possedeva cinque mansi di terra, mansis quinque, in genere dei terreni agricoli. La pieve riceveva poi le decime dalla villa, ovvero un villaggio stabilmente abitato, e metà di queste decime le pagava al Capitolo Cattedrale torinese. Da qui abbiamo la certezza che nel 1047 vi era un centro abitato a vocazione agricola di piccole dimensioni; questo era in grado di pagare delle decime (una tassa ecclesiastica) delle quali non sappiamo l’ammontare; si può solo supporre che la decima consistesse in prodotti agricoli, difficile si possa parlare di denaro, che in quest’epoca era ancora a bassa circolazione. Difficile dire a chi fosse intitolata la Pieve, (almeno fino al XIV secolo) così come complesso è stato anche cercare di circoscriverne la posizione e, per questi dettagli, la spiegazione nello studio è molto chiara.
Le pievi erano enti ecclesiastici particolarmente importanti; la loro esistenza è attestata già dal VI secolo. Esse, semplificando, sono le chiese che precedono le parrocchie e avevano il compito di elargire il battesimo ai fedeli; non erano poi chiese presenti in tutte le località seppure, nell’area del Basso Canavese e Ciriacese, risultassero alquanto numerose. Il fatto che a Leinì sorgesse una Pieve denota il fatto che il luogo avesse un qualche tipo di rilevanza che, tuttavia, in questa sede è ancora difficile da definire con chiarezza, ma che si può supporre potesse essere relativa alla rete viaria e/o al cercare di rendere stabile il controllo del vescovo di Torino sulla zona. Proprio il controllo vescovile e i successivi sviluppi del XII secolo sono, tuttavia, parti della storia leinicese ancora in fase di studio e che, a loro volta, aprono a sviluppi ancora più affascinanti: guerre, rivolte, signoria e una forte comunità saranno le caratteristiche della storia di Leinì tra XII e XV secolo.
Lo studio storico completo è stato pubblicato in Studi Chivassesi 12, a cura della Società Storica Chivassese, anno 2022. Il testo è a disposizione su richiesta a posta@labarbacana.it.