di Toni Balbo
Ho cercato di ricostruire, non senza difficoltà, una parte della storia famigliare dei Bonis di Leinì partendo da frammenti ritrovati nel diario di Secondo Cravero, nell’archivio della locale Società Agricola Operaia di Mutuo Soccorso e nell’archivio de La Stampa.
È una storia dai contorni drammatici dove la passione, il sesso, il sangue, il potere, l’avidità, la morte, fanno apparire come anche in un paesino, come la Leinì di allora, la natura umana si scateni nelle sue più nefande manifestazioni.
Avverto i lettori facilmente impressionabili che il racconto contiene descrizioni di fatti violenti.
Personaggi:
Olivero Bernardino: dipendente dei Bonis (trebbiatori), presidente della SAOM di Leinì, amante della figlia di Bonis Vincenzo;
Olivero Teresa: moglie di Olivero Bernardino;
Bonis Vincenzo: commendatore, cavaliere, 40 anni consecutivi consigliere comunale, diverse volte sindaco di Leinì, molto stimato;
Bonis Carlo: figlio di Vincenzo, cavaliere, celibe, “più lupo dei lupi”;
“Signoria”: figlia di Bonis Vincenzo;
Nel 1892 a Leinì esistevano due Società di Mutuo Soccorso: la SAOM (Società Agricola Operaia e Militare) e la SAO (Società Agricola Operaia).
Nel gennaio del 1893 Olivero Bernardino è eletto Presidente della SAOM di Leinì, che due anni dopo confluisce nella SAO.
Infatti, il 17 febbraio 1895 presso le scuole comunali di Leinì, alla presenza di diversi consiglieri comunali ed autorità: “in questo locale gentilmente concesso dall’onorevole Municipio, si riunirono tutti quali sovra scritti e dopo brillantissimi discorsi d’occasione pronunciati dalli signori Olivero Bernardino e Favero Giuseppe, Presidenti delle due Società presenti e delli signori Miglietti geom. Giacomo, Bonis cav. Carlo e Goy Giuseppe, tutti ampiamente confermano detta riunione e che da oggi in avanti siano tutti riuniti sotto il titolo e il regolamento della Società Agricola e Operaia di Leynì. Dopo la cerimonia partiranno da detto luogo coi due vessilli sociali e saranno accompagnati alla sede sociale della più volte detta Società Agricola Operaia di Leynì“.
Finalmente le due Società si sono nuovamente riunite e questa volta l’unione sarà duratura perché i soci della SAOM erano nel frattempo già volontariamente quasi tutti migrati nella SAO.
Già nel 1875 le due Società si erano fuse ma il “matrimonio” durò appena un paio d’anni.
L’anno seguente, “Olivero Teresa, moglie di Olivero Bernardino, detto Dinèt, tentò di suicidarsi con un coltello tagliandosi il collo il 4 marzo anno 1896. Il motivo che questa donna tentò di suicidarsi è a causa che suo marito la tradiva nel letto coniugale. Passava molte notti con la “Signoria”, figlia del Cav. Bonis Vincenzo. Il marito di questa donna (Olivero Bernardino) era troppo ambizioso in tutte le maniere, sia nel cibo, sia nel vestire; se avesse saputo che i denari sono utili per l’avvenire, avrebbe potuto farsi una fortuna a casa Bonis in quanto lui aveva tutte le sue fiducie (dei Bonis). La figlia ha rovinato il padre dando tutte le facoltà a questo Olivero Bernardino, perché lui era macchinista delle due trebbiatrici di Bonis”.
Essere dei trebbiatori, in un Comune agricolo come la Leinì di quel tempo, voleva dire essere all’avanguardia tecnologica ed avere il monopolio di una delle operazioni più importanti dell’economia locale.
Il 20 giugno 1898 (due anni dopo): “Bonis Cav. Carlo. Il verbale dell’arresto. Mentre il Cavalier Bonis discorreva in apparenza calmo con il brigadiere Mesca, si doveva procedere ad una seconda perquisizione per poter pigliare nota di ciò che l’arrestato aveva in tasca. Allorché questi trovandosi a qualche passo distante dagli agenti, recò rapidamente una mano nel soprabito, che teneva sempre al braccio e prima che il brigadiere e il Falzoni fossero su di lui, tentando un balzo per impedire ciò che immaginavano, rintronava un forte sparo e lo sciagurato precipitava a terra con la nuca perforata da una palla di rivoltella calibro 12, che traversò il cervello dal basso in alto e andò a colpire il soffitto della stanza. Ancora rantolante fu sollevato dal suolo e messo in una carrozza per essere trasportato all’ospedale di San Giovanni, ma prima di giungere cessava di vivere.
Il proverbio dice che chi troppo vuole nulla stringe, questo è un proverbio giustissimo. L’uomo, certi uomini, sono più lupi dei lupi, questo già signore e celibe, credendo di venire ancora di più un signore milionario di com’era già, si diede la morte per essere troppo lupo. Adesso si trova nel mondo eterno … il cavaliere Carlo Bonis adesso gli ha ceduto tutto il suo patrimonio al Padre eterno. Una prece per l’anima sua. Cravero Secondo, firmo questo scritto il 20 giugno 1898”.
Quattro anni dopo, il 14 dicembre 1902 si rinnovano le cariche sociali della Società Agricola Operaia: “Si passa quindi allo spoglio dei voti dove risulta che per la elezione del presidente effettivo Olivero Bernardino ottiene 67 voti mentre Balbo Francesco fu Francesco ottiene 53 voti. Viene perciò confermato Presidente Bernardino Olivero. Durante lo scrutinio non vi furono contestazioni od opposizione e si annullarono quelle schede che non spiegavano sufficentemente il nome di chi doveva essere eletto, specialmente nel nome di battesimo oppure nella paternità”.
Il 21 dicembre si riunisce l’adunanza generale per nominare il fornaio, i revisori dei conti ed i revisori dei generi (alimentari). “In apertura, interviene un socio che, a nome di diversi altri soci, sporge reclamo scritto circa la regolarità della elezione del Presidente svoltasi nella riunione precedente. La questione riguarda l’annullamento delle schede che riportavano il nome di Balbo Francesco senza la paternità fu Francesco, e che queste sono state annullate perché attribuite a Balbo Francesco di Francesco, figlio dello stesso ed anch’esso socio (proprio così: nonno, figlio e nipote si chiamavano tutti Balbo Francesco!). L’adunanza dopo lunga discussione in merito, ove prendono viva parte diversi fra i presenti, approva l’ordine del giorno ammettendo il ballottaggio fra i candidati alla presidenza, i signori Balbo Francesco e Olivero Bernardino”.
Viene scoperto così il gioco sporco dell’Olivero che, grazie al suo potere, aveva convinto gli amministratori della Società a piegare le elezioni a proprio favore.
Il 28 dicembre si riunisce l’adunanza generale per la votazione al ballottaggio del Presidente. Su 196 votanti Balbo Francesco ottiene 132 voti mentre Olivero Bernardino ottiene 64 voti. Si proclama quindi presidente per l’anno 1903 Balbo Francesco.
Intanto “Bonis Commendator Cavalier Vincenzo, morì il 28 luglio dell’anno 1903 all’età di anni 84. È rimasto 40 anni consecutivi consigliere comunale e sindaco diverse volte. Era una persona che aveva molta stima e conoscenza con diversi uomini politici. Era stato in relazione con il re Vittorio Emanuele II e con il prefetto Casalis. Il re Vittorio Emanuele gli aveva regalato un orologio d’oro con l’arma reale e il suo nome “dono di sua maestà Vittorio Emanuele II re d’Italia“. Bonis faceva tutto cosa si raccomandava, il partito clericale lo ha sempre combattuto ma lui li ha sempre sconfitti. Gli hanno fatto la sepoltura civile, lo hanno bruciato nel crematorio di Torino”.
Alla morte del padre, libera da ogni vincolo famigliare, “Signoria” si sposa : “Dopo che Bonis era poi morto, la sua figlia si è maritata”.
A questo punto, scomparsi i Bonis, la sua amante sposata con un altro, “Olivero non aveva più nessun appoggio di aver denaro. Si diede la morte in un bagno di Torino tagliandosi le vene del braccio con un rasoio. Morì dissanguato nell’acqua il 7 ottobre 1904”.
La Stampa di sabato 8 ottobre 1904 riporta la notizia:
“Un signore che si svena nel bagno.
Certo Oliveri, di anni 52, impiegato presso la Società di assicurazioni Venezia, si è recato ieri, verso le ore 15, in uno stabilimento di bagno e si chiuse entro un camerino, dicendo al bagnino che avrebbe poi chiamato lui la biancheria per asciugarsi.
Passata oltre un’ora e non sentendo la promessa chiamata, il bagnino bussò all’uscio, ma non udì risposta. Preoccupato, allora fece avvertire i proprietari, i quali fecero subito forzare la serratura.
Entrati nel camerino, un orribile spettacolo si presentò agli occhi degli astanti. l’Oliveri era nel bagno già morto. Il disgraziato si era svenato ai polsi con un rasoio!
Dopo essersi ferito egli ebbe la tranquillità d’animo di chiudere l’arma!
Il suicida lasciò una lettera, con la quale annunciava che si uccideva causa dissesti finanziari.
Il dott. Blan, appositamente chiamato, accertò il decesso del disgraziato e dopo gli accertamenti di legge l’Autorità fece trasportare il cadavere al Cimitero”.
Presso la Società c’è una fotografia di Olivero Bernardino sfregiata con una bruciatura sul volto. Forse con questo gesto si è voluto tramandare il disprezzo per quanto aveva fatto.