di Toni Balbo
Eleonora Duse (Vigevano 1858 – Pittsburgh 1924) fu una grande attrice drammatica del teatro italiano, famosa in tutto il mondo per le sue interpretazioni delle opere più struggenti, tanto da essere chiamata “la tragica”!
Interpretò anche opere di Gabriele D’Annunzio con il quale ebbe un tormentato rapporto.Ebbene, quando la Duse, già famosa, partorì nel 1882 la sua unica figlia Enrichetta, era a Torino e considerati i suoi impegni teatrali fu costretta a “dare a balia” la neonata.
Per intervento della contessa Ciarvini, con la collaborazione del sindaco di Leinì cav. Bonis, del medico cav. Vallino e del parroco don Ferrero, venne scelta la moglie di Carlo Bianco, Maria, contadina della borgata Roveglia che aveva avuto da poco una figlia. Il dott. Vallino affermava che “Maria era prosperosa e aveva latte non per due, ma per una mezza dozzina di bambini”.
I coniugi Bianco si recarono a Torino, in corso Oporto 2, dove abitava la Duse, per prendere in consegna la bimba. I Bianco non sapevano di chi fosse la neonata, la mamma in quel momento non c’era, avevano avuto solo l’indicazione che si trattava “di una persona di gran riguardo”.
La Duse si presentava a casa Bianco un paio di settimane dopo per fare conoscenza della nutrice: lo stupore è grande e la timidezza dei contadini consentirà solo dopo tre o quattro incontri un po’ di confidenza.
La Duse veniva a Leinì ogni volta che i suoi impegni lo consentivano e la corrispondenza era fitta.Purtroppo si sono conservate solo cinque lettere, le altre sono state bruciate. In una di queste scriveva: “Caro balio e cara figlia mia benedetta! Grazie delle buone notizie. Ti mando in una piccola scatola una bella buata (bambola) che piacerà ad Enrichetta. Ti raccomando in questi giorni di carnevale di non fare uscire la bambina se fa freddo, e non farle mangiare cose che le possono far male. Ti ringrazio con tutto il cuore e benedico la figlia mia! Tua E. Duse”.
La Stampa di Torino ha pubblicato alcuni articoli su questo pezzo di storia di Leinì il 1° ottobre 1931, il 20 aprile e il 26 maggio 1934.
In uno di questi si riporta: “Tutte quelle visite finivano sempre nella stessa maniera: con molti regali per noi e sempre la stessa osservazione da parte della Duse: “Ma Enrichetta calza delle scarpe impossibili!”. Io allora m’affrettavo ad andarne a comprare delle altre. In cinque anni ne ho acquistate quarantotto paia! Vi sembra poco? Credo di aver fatto la fortuna del calzolaio del paese”.
Un altro curioso episodio: “Quando Enrichetta Duse aveva abbandonato Leynì per seguire la madre, tanto l’una quanto l’altra avevano promesso ai Bianco di non dimenticarli e tutte e due erano state di parola. Ma anche il vecchio contadino si era recato a più riprese a Torino per rivederle. Egli ci tiene a precisare che in quelle occasioni indossava sempre una bella giacchetta di velluto marron, metteva al collo il fazzoletto di seta rosso e bleu e infilava nel braccio un grosso canestro di vimini entro il quale riponeva le più belle frutta della stagione. Ebbene, nonostante fosse così ben vestito, un giorno che si era presentato all’Albergo d’Europa, dove sapeva trovarsi la Duse, si era visto sbarrare la strada da un signore con un berretto a galloni d’oro (il portiere), il quale pretendeva di metterlo fuori dall’albergo, affermando che la grande artista riceveva solamente dei signori e non dei contadini. Ma il Bianco aveva fatto tanto chiasso finché una cameriera della signora era accorsa e allora quel signore gallonato era rimasto con un palmo di naso a veder lui che con i suoi scarponi calpestava i ricchi tappeti della scalinata”.
Per chi volesse leggere gli articoli può farlo dal sito de La Stampa nella sezione Archivio storico.
La famiglia dei Bianco a Leinì è numerosa. Dalla Roveglia sono nati molti rami parentali, alcuni dei quali risiedono tuttora a Leinì e proprio in una di queste famiglie ho rintracciato l’ultimo, se non ne verranno scoperti altri, ricordo della Duse.
Si tratta di un bellissimo vaso di ceramica, del quale vi propongo la fotografia, della capienza di circa quattro litri, che conteneva marmellata di ciliege della ditta Cirio.La Cirio era nata a Torino nel 1856, prima azienda di alimenti conservati ed è curiosa la dicitura in francese di confiture, marmellata, e l’immagine delle ciliege ma non del nome.
Immaginatevi che in quel periodo, nelle cascine, erano pochissimi gli alimenti che venivano comprati: sale, zucchero, acciughe, merluzzo e pochi altri. Un vaso di marmellata di quelle dimensioni era considerato una rarità assoluta!