di Christian Chiatello e Toni Balbo
Credevamo che il sordomuto della famiglia Regina fosse il solo miracolato di Leinì, invece è stato preceduto da un altro leinicese, Gioanni il muto, che ha riaquistato la parola grazie alle preghiere rivolte alla Madonna delle Grazie di Mondovì nella chiesa presso Vico(forte).
Il fatto è stato trovato in rete da Christian, in un libretto che celebra la “Storia della SS.ma Vergine del Mondovì presso Vico”.
Il libretto è datato 1798 e riporta alcuni miracoli attribuiti alla Vergine, uno dei quali, quello che riguarda il leinicese, è stato compiuto quando era arcivescovo di Torino Carlo Broglia cioè fra il 1592 e il 1617.
Questo il testo che descrive il miracolo:
“Gioanni Ruscato di Chivasso perduta avea né suoi più freschi anni intieramente la parola per certo maligno tumore nella di lui gola formatosi, ed era da tutti comunemente chiamato col soprannome di Gioanni il muto. Ora siccome fissata avea sua abitazione in Leynì, così nel portarsi che fecero i Disciplinanti di questo luogo (congregazione simile ai flagellanti o ai battuti) a visitare il Santuario (di Mondovì), ottenne anch’egli di essere annoverato fra lo stuolo di qué divoti confratelli. Con tale raccoglimento di spirito compisce Gioanni la lunga penosa strada (circa 110 km.), e con tanta confidenza implora la sovrana protezione della Regina dé Cieli, che, terminata appena nel Santuario la sua preghiera, nell’atto appunto, che stava per congedarsi da Maria, e per restituirsi al suo destino, cominciò improvvisamente ad articolar parole, e quindi a poco a poco andò ricuperando con somma sua, ed universale sorpresa la perduta loquela. Pubblica, ed inconcussa si è la prova, che diede lo stesso Gioanni del sovraumano prodigio, allorquando essendosi dovuta leggere la tavoletta dei confratelli di Leynì venuti al Santuario, e pronunziato essendosi il suo nome, come stava scritto, cioè Gioanni il muto, si mise egli a gridare con alta, e distinta voce: Non più Gioanni il muto, ma Gioanni Ruscato, che tale è il mio cognome, nè sono più muto per grazia del Signore, e della gloriosa Vergine.
Tornati che furono a Leinì, “Depose con suo giuramento il fatto lo stesso Gioanni, e lo autenticarono eziandio il nobile Petrino Fantino Sindaco di Leynì, Gioanni Bisco, e Gaspare Albissano Consiglieri di questo luogo, i quali testificarono d’aver più volte trattato Gioanni prima del suo viaggio al Santuario, e di essere intieramente informati della miracolosa sua guarigione. Tutto ciò minutamente descrivesi né processi pag. 554 e 555, siccome altresì sappiamo dai medesimi, che fu Messer Bernardo della Valle di Cinzano colui, al quale toccò di leggere pubblicamente la tavoletta, che contenea descritto il nome dei confratelli di Leynì venuti processionalmente al Tempio. Il Senator Roffreddo dopo d’aver riferiti questi miracoli soggiunge: Hæc mihi Caroli Broglia Taurini Archiepiscopi auctoritate uti verissima, probatissimaque remissa”.
(Mi servo dell’autorità dell’arcivescovo Carlo Broglia di Torino per usare queste parole nel modo più vero, rispettato e perdonato).
Apprendiamo da questo testo che i pellegrini in visita al Santuario venivano registrati su una “tavoletta” che veniva poi letta in pubblico.
Proseguendo nella lettura, lo stesso autore, canonico teologo Vincenzo Rossi, argomenta sulla autenticità dei miracoli: “Prego per altro i miei leggitori di voler riflettere alla differenza, con cui io parlo dei miracoli, che ricavai dai processi (verbali), muniti di tutti gli argomenti di credibilità, e degli altri, che trascrivo talora da particolari Autori. I primi io li do per certi; ma riguardo ai secondi, sebbene non abbia motivo di dubitare sulla loro veracità, mi rapporto, e mi rimetto sempre all’autorità, ed alla fede di chi li racconta”.