di Toni Balbo
Si narra che il 12 maggio del 1450 nei pressi di Pianezza (To), un contadino del luogo mentre falciava il prato amputò involontariamente un piede alla moglie, venuta a portargli il pranzo. I coniugi, angosciati, pregarono il Signore e furono confortati da una visione celeste: un fanciullo promise la guarigione da parte di Dio riattaccandogli l’arto. La cronaca del tempo registra che il fatto miracoloso venne attribuito all’intercessione di San Pancrazio.
Da allora, nel mondo agricolo locale, iniziò il culto del santo da parte dei lavoratori che avevano a che fare con gli attrezzi e le macchine, affinché li preservasse dagli incidenti.
L’immagine del santo veniva dipinta sulle grandi macchine agricole, come le trebbiatrici, venivano appese medagliette agli attrezzi, l’effige in lamiera affissa ai carri agricoli, più recentemente, sui portachiavi, magneti sui trattori e anche sul cruscotto delle automobili. Era uso, ancora recentemente, di portare l’automobile appena comprata a benedire al Santuario di Pianezza.
Rovistando nei bauli della mia famiglia ho trovato un oggetto che mi ha sorpreso.
Si tratta di una minuscola scatolina di metallo (3 cm x 1 cm) con incastonato un vetro rosso che lascia intravedere una ancora più minuscola statuina di San Pancrazio.
Apparteneva ad una zia che aveva l’attività di contoterzista con le macchine agricole fra Leinì e San Francesco al Campo.
È probabile che la tenesse in tasca e durante il lavoro bastava il suo tocco per sentirsi protetta e rassicurata.
Non so se è merito del Santo o se era merito della sua attenzione nei lavori, fatto sta che la zia non ebbe mai gravi incidenti.
La scatolina e l’immagine del santo in lamiera
(clicca sopra per ingrandire)