di Toni Balbo
Nel 1941 La Stampa di Torino, nella cronoca cittadina, aveva una rubrica che si occupava dei Comuni limitrofi della città, descrivendone le caratteristiche, per informare i lettori sui “loro vicini di casa”. Il 30 maggio toccò a Leinì, eccone la trascrizione con alcune osservazioni.
LA STAMPA – venerdì 30 maggio 1941
I NOSTRI VICINI
LEINI’
Il Comune che dà a Torino 16 mila litri di latte al giorno, chiede a noi una linea filoviaria – La necessità di una nuova scuola e dell’acqua potabile
A Leinì si respira. C’è un’aria rurale, fresca, sana, ossigenata. Un’aria di vecchio Piemonte eroico e laborioso, fedele ai suoi duchi e ai suoi re, attaccato alle sue tradizioni e alla sua terra. Qui si sente, più che altrove, come la nostra gente sia riuscita, lottando per secoli e seguendo la fortuna dei suoi reggitori, a fare l’Italia.
Nell’antica Leynì, Comune dal secolo XV, c’è un’aria rurale ed eroica. Il concentrico è esiguo. La popolazione è sparsa nei vasti e pingui cascinali. In mezzo alla piazza si erge la torre dei Provana, con il suo stemma crociato. Di qui partì infatti quell’ammiraglio Andrea Provana, mandato da Emanuele Filiberto con la flotta cristiana a combattere contro i turchi che furono debellati a Lepanto.
Il Municipio ha sede, infatti, nel vecchio palazzotto dei Provana, nel quale esisteva ancora, non molti anni fa, l’antica sala da ballo con il soffitto a cassettoni e il palchetto per l’orchestra. Sulla facciata con lo stemma degli antichi conti figura il motto: “In omnibus unio”.
Il vasto Comune rurale – che confina con Torino, Borgaro, Caselle, Volpiano, Lombardore e Settimo – conta 3500 abitanti, i più sparsi nelle cascine. La popolazione è eminentemente rurale (nel paese non esiste che una piccola industria del ferro battuto). Purtroppo nei giovani leinicesi si manifesta oggi la tendenza verso il mestiere dell’operaio e il conseguente desiderio di venire a stabilirsi in città. È una piaga comune a molti centri rurali che, come Leinì, non hanno un cinematografo e sono privi di ogni svago, non offrendo neppure la possibilità di venire a Torino la sera, dato che il servizio di autobus cessa alle 19.
È bene parlarne, di questo collegamento con Torino. Tutti ricordiamo il leggendario trenino a vapore che impiegava ben tre ore a percorrere poco più di dieci chilometri e che fu clamorosamente battuto dal podista Robino. A quel treno antidiluviano fu sostituita anni fa una autocorriera gestita dalla Torino Nord e finalmente la stessa Società adottò, per quella linea, degli autobus. La corsa semplice su di essi costa 3,60. Gli operai fruiscono di una speciale riduzione in abbonamento a 60 lire mensili. C’è però un fatto: il numero degli abbonamenti è limitato. Oltre un certo numero non si può andare. Perché?
Il problema del congiungimento con Torino (per il trasporto di persone e specialmente per il trasporto di merci) rimane da risolvere. È stato impostato e risolto sulla carta fin dal 1939, con il progetto di una linea di filobus in partenza dal cavalcavia dell’autostrada presso lo stabilimento Snia con un percorso di 7 chilometri fino a Leinì. Tale filobus – che è sperabile possa prendere servizio dopo la guerra, dato che esso richiede l’impianto di una piccola centrale elettrica di derivazione, dovrebbe essere gestito dall’Azienda Tramvie Municipali di Torino e funzionare sul tipo di quello di Nichelino. Avendo l’Azienda richiesto un contributo dei Comuni che sarebbero avvantaggiati dalla linea filoviaria, esso è stato concordato in 36.000 lire annue, 20.000 delle quali a carico di Leinì; le rimanenti divise fra Caselle, Settimo, Volpiano e Lombardore. Come si vede tale linea, tanto auspicata, non è di utilità per il solo Leinì. Ed è ben giusto che Torino vada incontro a questo Comune rurale, centro che dà alla nostra città ben 20.000 litri di latte al giorno, che produce 16 mila quintali di grano all’anno e, in proporzione, altri prodotti della terra.
Il Comune ha bisogno di un edificio scolastico. È forse questo il più scottante problema. Le scuole attuali sono, come cento anni fa, sistemate, si può immaginare come, nelle scuderie dei conti Provana, attigue alla sede comunale. Le aule sono malsane, talune buie, tutte inadatte all’insegnamento e non consone ai tempi e soprattutto non degne del nostro Paese. Alle scuole del concentrico affluiscono i bimbi da tutti i cascinali e dalla frazione Tedeschi. La frazione Fornacina (divisa in parte con Settimo) ha una sua scuola.
Una terza questione allo studio è quella dell’acqua potabile. Leinì, nel cuore della pianura, è zona ricchissima di acque. Si può dire che ogni casa e ogni cascinale ha il suo pozzo artesiano (l’acqua si trova spesso a poco più di un metro sotterra). Cionondimeno sarebbe indispensabile un impianto di acqua potabile che – riunendo le acque locali e scegliendo le migliori sorgenti – distribuisse il prezioso liquido agli abitanti.
Ci auguriamo che tutte le questioni esposte vengano risolte. Questa gente forte e rurale, così vicina a noi, ne è pienamente degna.
Alcune osservazioni:
Leinì scritto con l’accento, e una volta anche con la y, nonostante il decreto del 1939 avesse cambiato il nome in Leini.
Nell’elenco dei comuni confinanti manca San Francesco al Campo e Torino non confina con Leinì.
L’industria del ferro battuto era di Giuseppe Caviglietto.
Il tempo di percorrenza della tramvia era di circa un’ora, non di tre ore, alla velocità media di 12 km/ora: facilmente battibile, per un podista, con corsa moderata.
I 16 mila litri di latte citati nel sommario diventano 20 mila nel testo.
I locali scolastici, così come erano allora, sono ancora oggi occupati dagli uffici comunali.
Se, per caso, il lettore non l’avesse ancora capito, Leinì è un Comune “rurale”.
Il 25 novembre 1958 si costituirà la “Cooperativa Produttori Latte di Leynì a r.l.” che, oltre a raccogliere il prodotto dalle cascine e venderlo sulla piazza di Torino, produceva in proprio il burro, della cui confezione riporto di seguito l’immagine. Il logo era stato disegnato da Primo Favero (clicca sopra per ingrandire).