di Toni Balbo
Ho trovato conferma nell’archivio de La Stampa di una vicenda avvenuta a Leinì nel 1921 riguardante un cruento fatto di cronaca, che già conoscevo perché raccontato in famiglia e che è riportato anche nel diario di Secondo Cravero.
Tale fatto aveva suscitato grande impressione nella popolazione leinicese tanto che se ne parlava ancora dopo diversi decenni.
La Stampa – 19 settembre 1921
Mortalmente accoltellato dal padre per motivi di interesse
Un sanguinoso dramma fra consanguinei accadeva ieri nel pomeriggio nel Comune di Leynì. Per ragioni di interesse un padre veniva a rissa col proprio figlio e in un momento di esaltazione gli vibrava due coltellate, riducendolo in fin di vita. I protagonisti della tragedia appartengono ad una famiglia di contadini benestanti, tali Bergoglio, dimoranti in una cascina poco distante dall’abitato. Il padre si chiama Carlo, ed ha circa 55 anni, il figlio, di 31 anni, ha nome Luigi. La famiglia comprende tre altri figli: uno di pochi anni più giovane di Luigi, un altro sedicenne e una ragazza che abita a Torino, dove è impiegata come contabile in una ditta di mode.
L’armonia non regnava fra i Bergoglio, e specialmente fra il Luigi ed il padre. Costui si era da qualche tempo ritirato dalla propria azienda agricola e l’aveva ceduta ai due fratelli maggiori. Egli divideva il suo tempo fra Leynì e Torino: alcuni mesi dell’anno li trascorreva al paese, e gli altri li passava in città, abitando nell’alloggetto tenuto dalla figlia in via Madama Cristina.
Ma, come abbiamo detto, fra padre e figli maggiori non correva buon sangue, per contrasti di interesse. Si lamentava il padre che i figli non gli corrispondessero denaro in misura adeguata ai suoi bisogni. Replicava il Luigi che egli non aveva da attendere nulla da loro. Questo stato di cose durava da alcuni anni. Le liti erano frequenti e scoppiavano quasi sempre fra il vecchio ed il primogenito, che era il più deciso ed il più accanito nel negargli ogni diritto. Il vecchio Bergoglio si lamentava in modo speciale che, pur lavorando egli a profitto dell’azienda quando si trovava a Leynì, non gli fossero in alcun modo corrisposte le sue giornate di lavoro.
La continua tensione degli animi condusse ad episodi clamorosi e violenti, che possono essere ricordati perché costituiscono i precedenti che più pesarono nel dramma di ieri. Un giorno il Luigi, armato di tridente, minacciò il padre di trafiggerlo a morte. Il padre stesso lo denunciò ai carabinieri del luogo, ed egli stette incarcerato qualche tempo. Da allora l’odio si fece anche più sordo, e un nulla bastava a fomentarlo ed a farlo esplodere. Alcune settimane or sono il Luigi, rincasando a notte fatta, penetrò nelle stanze abitate dal padre e dal fratello minore minacciando entrambi, che già erano coricati, con un bastone. Il padre estrasse una rivoltella, e il Luigi si allontanò. Ma invece di recarsi a dormire aspettò che gli altri si fossero addormentati, quindi, quatto, quatto, rientrò nelle stanze e si impossessò della rivoltella, che consegnò ai carabinieri. Siccome l’arma non era stata denunciata, il suo proprietario, il Bergoglio Carlo, dovette scontare una quindicina di giorni di carcere.
La burrasca preparata da questi incidenti, scoppiò ieri, verso le 16, in casa del Bergoglio. I due uomini ancora una volta si trovarono di fronte, pieni del loro rancore e del loro odio. Dimentichi entrambi del sacro legame di sangue che li univa, ciascuno vedeva nell’altro l’avversario ed il nemico che tentava menomare il suo diritto. Tornò a galla, come al solito, la vecchia questione di interesse. Si attaccarono con parole di fuoco, si ingiuriarono, si minacciarono. Ed alle minacce vennero dietro i fatti. Stando alla versione più verosimile raccolta sulla terribile scena, sembra che il figlio ad un certo punto si sia lanciato contro il genitore afferrandolo minacciosamente e percuotendolo. Il suo aspetto doveva essere terribile, perché il vecchio fu preso dallo sgomento di essere soverchiato e di trovarsi in gravissimo pericolo. Ricorrendo a tutte le sue forze si liberò dalla stretta e, perso il lume della ragione, brandì un coltello da cucina che stava sopra un tavolo e con questo ferì il figliolo una prima volta al ventre ed una seconda volta alla schiena.
Con un urlo di dolore il ferito cadde sul pavimento, che in breve andò lordandosi di sangue. Il feritore si allontanò. Nella tragica casa accorse gente, fra cui il maresciallo della locale stazione dei carabinieri con alcuni militi. Il ferito presentava uno spettacolo orrendo. Dal ventre squarciato uscivano gli intestini e dalla ferita posteriore fiottava sangue. Gli prodigarono le prime sommarie cure. Nel frattempo l’automobile di un industriale torinese, il signor Alberto Assauto abitante in via Pinerolo 5, veniva a passare sulla strada e, pregato, l’Assauto gentilmente si prestava a trasportare l’accoltellato al San Giovanni.
Quivi l’automobile giunse verso le ore 20. Su di essa aveva preso posto un cognato del ferito, tale Antonio Benedetto, che fornì all’agente di servizio Borgna i particolari della tragedia. Il Bergoglio venne visitato dai dottori Bottazzi e Maina, che gli operarono una laboriosa operazione di laparatomia. Gli intestini erano stati forati in più punti. Anche la ferita all’addome è penetrante in cavità. Il sofferente venne ricoverato in pericolo di vita. Risulta che il feritore è stato arrestato dai carabinieri di Leynì.
La Stampa – 21 settembre 1921
La morte di Luigi Bergoglio
La scorsa notte è morto al San Giovanni quel Luigi Bergoglio ricoverato domenica in seguito alle ferite di coltello ricevute a Leynì dal padre suo nelle circostanze che abbiamo riferito ieri.
Nel diario di Secondo Cravero il fatto viene così riportato:
“Bergoglio Carlo, dell’età di anni 54, proprietario della cassina Fransisetto (via Roveglia – Ruffini), il giorno 18 settembre 1921 uccise un suo figlio dell’età di anni 31, avendo rancori di interesse fra di loro.
Il padre aveva affittato la cassina a due suoi figli; si dice che i figli non facevano il loro dovere di corrispondere a tempo al pagamento e sono venuti talmente in odio tra di loro, che il giorno 18 settembre hanno attaccato la rissa tra padre e figlio. Il padre venendo tanto furibondo gli vibrò tre tremende coltellate nel ventre che gli uscì gli intestini, lo hanno condotto a Torino con una automobile all’ospedale di San Giovanni in Torino e dopo 30 ore morì. Gli aveva anche dato un colpo di coltello nella schiena, però si dice che la coltellata nella schiena gliela abbia data suo fratello che adesso si trova in carcere, mentre il padre è latitante.
Bergoglio Carlo padre dell’ucciso, lo hanno arrestato il giorno sette novembre, venendo il otto, alle due meno un quarto di notte, in un cascinotto nel territorio di Mezzenile in Valle Grande di Lanzo. Gli hanno fatto il dibattimento (processo) il giorno 1° e 2, 3, 5, 7 di marzo: al padre hanno dato 12 anni, al figlio Michele hanno dato due mesi e quindici giorni, per aver partecipato alla rissa in favore del padre, ed è stato rilasciato subito in libertà per l’amnistia. Alla moglie dell’ucciso, vedova di Luigi, la Corte gli accordò dieci mille lire.
Bergoglio Michele lo hanno di nuovo arrestato il giorno 28 marzo per avere attaccato una rissa con Bianco Giovanni, un suo testimonio di accusa”.