Leinì in prima pagina!

di Toni Balbo

La Gazzetta Piemontese, quotidiano torinese che nel 1894 diventerà La Stampa, iniziò le pubblicazioni nel 1867 e già nel 1869 Leinì era in prima pagina! E lo fu per ben quattro volte nel giro di appena un mese!
Cos’era successo di così importante per avere tanta attenzione?
Una diatriba fra il sindaco ed il consiglio comunale.

Testata Gazzetta

Iniziò le ostilità un lettore anonimo che aveva inviato al giornale una nota dove erano elencate le mancanze del sindaco:
1- “La quasi unanimità del Consiglio, aveva dovuto disapprovare energicamente la condotta del Sindaco attuale, e specialmente nella circostanza della discussione del conto morale, in cui venne decisamente negata l’approvazione del medesimo”;
Nota: la contabilità di un Comune veniva redatta in due forme: un conto morale ed un conto materiale. Il conto materiale era il bilancio consuntivo delle attività comunali (entrate ed uscite), il conto morale era il bilancio politico dell’amministrazione, che illustrava cioè le motivazioni delle scelte operate dall’amministrazione stessa.
2- nonostante la conferma della carica a sindaco da parte del Governo “i consiglieri si trovarono nella necessità di astenersi dall’intervenire alle adunanze: e così, malgrado ripetute convocazioni, né la Giunta, né il Consiglio poterono essere radunati. Nessuno interviene ed il Sindaco si trova continuamente solo … Osteggiare la pubblica istruzione, abbandonare il mantenimento delle strade comunali, incagliare il commercio sono le basi della sua amministrazione”.
3- il Sindaco non si vuole dimettere e l’anonimo lettore chiede che intervenga il Governo per sciogliere il Consiglio.
Dopo qualche giorno, sempre in prima pagina, la risposta del Sindaco:
“Mi si muove accusa d’essere ostile alla pubblica istruzione. Ebbene, nel corso del mio sindacato, le scuole di Leynì che sommavano a cinque, sono ora in numero di sei, essendosi istituita una scuola mista affidata alla direzione d’una brava maestra, che prende ogni anno novanta e più allievi ed allieve dell’asilo infantile, dà loro i primi rudimenti per consegnarli alle classi elementari.
Le strade comunali lasciano nulla a desiderare, essendosi sempre mantenute in bilancio le spese pella loro manutenzione …
L’articolista poi non ignora che in Leynì non esiste né ha mai esistito commercio locale, essendo paese esclusivamente agricolo.
Avendo poi l’autorità superiore mandato annullare il verbale che non approvava il mio conto morale, è segno che vi eran delle ragioni valide a mio favore, epperò crederei ingeneroso per parte mia lo entrare in più minuti schiarimenti”.
La nota termina con: “Della S.V. Ill.ma Umilissimo Servitore. Il Sindaco di Leynì RUFFINO GIUSEPPE”.
Giunge poi alla Gazzetta la lettera del consigliere comunale geometra RONCO GIUSEPPE per ribattere punto su punto le argomentazioni del Sindaco, terminando con: “In Leynì non vi è alcuno che aspiri alla dittatura, ma il paese che venne sinora assai bene amministrato, non può tollerare un’amministrazione reazionaria e dispotica, come sarebbe quella che intende inaugurare l’attuale sindaco”.
Ed ecco, in sintesi, l’ultima replica del sindaco Ruffino:
“Il sig. Ronco dice che il paese di Leynì, non può tollerare un’amministrazione reazionaria e dispotica, ecc. ecc. Respingo con tutte le forze dell’animo mio questa insinuazione, e siccome i sigg. Ronco e consorti vorrebbero porsi nel campo dei liberali, e se i lettori a ciò credono sono tratti in grande errore, perocchè nessun segno di liberalismo si manifesta che nelle politiche elezioni; orbene i signori Ronco e soci in quali fila combattevano nelle ultime elezioni? Avversi al Corrado nostro, essi volevano a spada tratta chi? Un ministeriale! E la vittoria riportata dal Corrado ebbe a costare a taluno, che ne propugnava la causa, gravi dispiaceri, processi persino e dispendiose liti; e ciò abusando della loro qualità di membri sovvertitori della Congregazione di carità, della cui amministrazione meglio fora il tacer che il dirne poco”.
“Intanto, mi gode l’animo notificarle che la vera maggioranza in Consiglio si è formata, e con essa la Giunta municipale, che meco funziona nell’interesse del paese, per cui il pericolo della crisi desiderata da alcuni oppositori è svanito”.
Termina qui la diatriba che vede la ricostituzione della maggioranza che, evidentemente, si era lasciata convincere dall’opposizione della inadeguatezza del sindaco.
Rimane oscuro il ruolo che ebbe il Corrado, vincitore delle elezioni, citato nella replica del sindaco.
In quel periodo il sindaco era nominato con Regio Decreto e veniva scelto fra i consiglieri eletti, cioè la popolazione eleggeva i consiglieri e fra questi il Governo sceglieva e nominava il sindaco.
In pratica il sindaco era un rappresentante eletto dal popolo ma con funzioni governative.
Probabilmente la scelta di Ruffino da parte del Governo suscitò malumore fra i consiglieri tanto da farne disertare le convocazioni.