Nel 1902 a Leinì si svolse una lite fra il Comune e la Chiesa degna della miglior tradizione di Peppone e don Camillo.
Il Comune voleva suonare la campana di sua proprietà, situata sul campanile della chiesa di San Giovanni, in occasione della festa nazionale del 20 settembre (ricorrenza della presa di Roma o della Breccia di Porta Pia), mentre il Parroco voleva impedirlo.
Si andò in tribunale e il fatto fu considerato di tale importanza che la “comparsa conclusionale” dell’avvocato del Comune fu pubblicata a mezzo stampa.
Essendo il documento lungo e prolisso, riporto di seguito alcuni passi fra i più significativi per descrivere la contesa. Per chi volesse approfondire, il documento è a disposizione facendo richiesta a posta@labarbacana.it.
TRIBUNALE CIVILE DI TORINO – COMPARSA CONCLUSIONALE
nella causa civile formale del Comune di Leynì, in persona del suo Sindaco signor Re Antonio,
CONTRO
Benedetto Giuseppe e Teologo Gioda Don Giorgio, nella qualità il primo di Priore, ed il secondo di Parroco pro tempore, in rappresentanza della Confraternita del SS. Nome di Gesù in Leynì.
IL FATTO
In questi ultimi anni il Sindaco del Comune di Leynì in occasione del 20 settembre, per celebrare la festa civile, istituita dal Parlamento Nazionale e tradotta in legge dello Stato (19 luglio 1895, n. 401) accordava il permesso di far suonare la campana di proprietà del Comune stesso, e che in dipendenza di un atto 27 luglio 1739, rog. Forte, era stata fin da quell’epoca collocata sul campanile della Chiesa di San Giovanni, nella quale è eretta la Confraternita del Nome di Gesù.
Per quanto non fosse nuovo il fatto e conforme anzi all’uso costante sempre praticato dall’Autorità Comunale di servirsi di detta campana e talvolta perfino dell’altra, più piccola, che trovasi sullo stesso campanile, per la celebrazione di solennità civili e per pubblici servizi, e per quanto non si trattasse né della chiesa né del campanile parrocchiale, tuttavia il parroco del luogo non volle lasciarsi sfuggire una così bella occasione per fare un po’ di propaganda contro il 20 settembre, e convocati parecchi dei componenti la Confraternita, ottenne che si deliberasse di portare la questione davanti ai Tribunali.
… la chiesa di San Giovanni in Leynì ha un campanile, su cui vi è una campana detta minore ed una detta maggiore – che la campana minore è di esclusiva proprietà della Confraternita e che l’uso della campana maggiore è dall’atto 27 luglio 1739, rog. Forte, circoscritto per il Comune di Leynì al servizio dell’orologio posto sul campanile … e ai casi di segnale di incendio o di altra pubblica calamità, non riconoscersi conseguentemente il diritto esclusivo del Parroco … di regolare ed autorizzare l’uso ed il suono delle due campane in questione …
… Tuttavia abbondantemente si osserva che l’assunto della Confraternita diretto ad impedire che il Comune usi della sua campana, è architettato sopra un giuoco di parole … La benedizione delle campane di per sé esaminata, non può renderle siffattamente cose sacre che agli usi profani … debbano di necessità essere sottratte. E fu giustamente osservato … che tanto varrebbe allora dire cose sacre e intangibili dal profano le navi da guerra e le bandiere dell’esercito, le quali pure solennemente e con riti lustrali, che alla benedizione delle campane ed all’imposizione perfino del così detto loro nome di battesimo si avvicinano, vengono in certo modo consacrate. …
… Intanto resti affermato questo: che la giurisprudenza campaneresca suona in senso ben diverso, per non dire affatto opposto, da quello desiderato e preteso dal Parroco di Leynì e dalla Confraternita …
Previe quelle declaratorie in diritto che del caso, interdirsi tanto al Parroco di Leynì come alla Confraternita del Gesù … di servirsi per qualunque uso e per qualsiasi titolo della campana detta maggiore di proprietà del Comune, dichiarando lecito alla Comunità di riprendersi, ove lo creda di suo interesse, la campana stessa, ed in vista di tale eventualità:
Condannarsi fin d’ora, per allora, la Confraternita attrice a dismettere a favore del comune di Leynì la campana … col relativo orologio ed accessori. Il tutto colla condanna della parte attrice al risarcimento dei danni ed alle spese del giudizio. Torino 1 febbraio 1902.
Si presume che la contesa venne risolta a favore del Comune, se non altro, per il fatto che la campana e l’orologio rimasero al loro posto.
Del caso ne parla anche don Giacomo Olivero nel libro “Leinì – ieri e oggi” che a pag. 71, riporta:
“Il teol. Gioda Giorgio, con uno stile forense gustosissimo, precisava al prefetto di Torino che le campane debbono annoverarsi fra le cose inservienti al culto e quindi appartengono di diritto come cosa sacra alla chiesa … E conclude il suo ricorso, invitando il Prefetto … di far cessare le pretese del Comune di Leinì, pretese manifestate soltanto da qualche dispettoso consigliere di usare campane per occasioni estranee a quelle di feste religiose o per la chiamata degli allievi o per il caso di incendi”.
La faccenda si chiuse con una “amichevole composizione” fra rappresentanti del Comune e della Chiesa sancita con tanto di notaio, segretario comunale e testimoni vari.
Non vi è comunque riferimento alla sentenza del tribunale.